mercoledì 30 settembre 2009

ACQUA

ACQUA

L' ”affare acqua” o, più in generale, l' “affare Servizio Idrico Integrato”, ha condotto negli ultimi anni molti soggetti politici a considerare l'acqua in sé come “bene comune e patrimonio dell'umanità”, ma tutto ciò che con l'acqua ha a che fare, come “bene di rilevanza economica”. Quindi occasione per introdurre regole di mercato, gare e appalti nell'ambito del SII (quando non affidamenti diretti a società di diritto privato, di discutibile leicità guardando alla normativa europea).
La duplice e ambigua posizione sull'argomento, ha permesso fino ad oggi a molti soggetti di mantenere una facciata improntata sull'etica (“l'acqua è di tutti”), lavorando però di fatto a sconfessare questo principio nell'ambito dei servizi relativi all'acqua.

La nostra posizione in merito vuole essere chiara e risolvere l'ambiguità nel modo più semplice possibile: l'acqua è un bene comune e patrimonio dell'umanità, e tutto ciò che è riconducibile all'acqua e al servizio idrico integrato, ivi compresi il patrimonio idrico e delle reti, la gestione, i servizi e la loro erogazione, la depurazione, ecc. sono da considerarsi beni e servizi di pubblica utilità, e in alcun modo beni di rilevanza economica.

Il percorso delineato dalla legge della Regione Lombardia 18/2006, e perseguito (quasi con accanimento) dall'AATO - autorità d'ambito territoriale ottimale – costituito dai sindaci della nostra provincia, prevede la separazione tra la gestione del patrimonio e l'erogazione del servizio, con messa a gara di quest'ultima. Grandi rassicurazioni sono state fatte ai sindaci, dai componenti del cda dell'AATO Pavia, sulla volontà di mantenere questo percorso il più possibile all'esterno di una logica stretta di “mercato”, cercando di non concedere troppo spazio all'utile d'impresa. Bene, la prima mossa in questa direzione, è stata le definizione delle nuove tariffe. In che modo sono state modellate, queste tariffe? I consumatori “consapevoli” del bene acqua, cioè chi cerca di combattere lo spreco e di utilizzare il meno possibile e al meglio il bene acqua, avranno aumenti che supereranno il 50 % delle attuali tariffe. Chi invece consuma molto, avrà aumenti in tariffa al di sotto del punto percentuale. Meno dell'1%. Insomma, si premiano il sovrautilizzo, l'abuso, lo spreco. In puro spirito di mercato, si premiano “i clienti che consumano di più”. Con buona pace dell'uso consapevole e del risparmio della preziosa risorsa.
I sindaci dei nostri comuni (sia facenti riferimento alla destra, sia facenti riferimento al Pd) hanno votato ed approvato tutto questo. I cittadini ne sono stati informati? Assolutamente no: né a priori, né a posteriori. Su certe questioni, i sindaci pare non pensino di dover rendere conto del loro operato alla cittadinanza, ma alle strutture politiche e di potere che troppo spesso guidano il loro operato.

La gestione del bene acqua presenta, nel territorio del Siccomario e quindi anche nel nostro comune, problematiche non indifferenti che incidono pesantemente sulla qualità del bene erogato, ben lontano da livelli di eccellenza. Questo comporterà la necessità di pesanti investimenti (e indebitamenti) per migliorare le strutture, investimenti di competenza (per legge) del gestore pubblico e che dovranno essere ripagati (per legge) esclusivamente dalla tariffa, quindi dagli utenti. In questo ambito, si aggiunge il discorso della privatizzazione dell'erogazione del servizio, la costituzione di nuove società, nuovi “carrozzoni”, nuovi “posti” nei consigli d'amministrazione (da spartire, e da pagare!), oltre alla necessità di garantire un interessante “utile di impresa” a chi vincerà le gare per l'appalto dell'erogazione. Anche tutto questo concorrerà in maniera non indifferente a gonfiare le bollette degli utenti. Ora ci chiediamo: era proprio necessario caricare anche tutto ciò sulle spalle dei cittadini? Siamo convinti di no, e siamo convinti che l'amministrazione uscente, che tutto ciò ha avallato, debba renderne conto ai cittadini stessi, e soltanto a loro.

Noi siamo convinti che sia necessario impegnarsi per identificare ed applicare ogni metodo possibile atto a contrastare, nel rispetto delle leggi e nel proprio ambito operativo, l'affermarsi di un modello (la gestione privata) che, dove è stato applicato in precedenza, ha evidenziato un peggioramento dei servizi e un aumento dei costi, convincendo un numero crescente di amministrazioni ad abbandonarlo e a tornare ad una gestione completamente pubblica, economicamente più vantaggiosa e qualitativamente più efficace. Si deve dare credito alle esperienze di gestione pubblica che hanno saputo raggiungere livelli di assoluta eccellenza. Eccellenza che, insieme alle professionalità dei lavoratori addetti, devono essere conservate come patrimonio di tutti, e non “affidate” alla speculazione e alle finte “ottimizzazioni” da parte di soggetti privati.

Lo stesso concetto è ovviamente applicabile (e da applicarsi) ad altri beni e servizi di pubblica utilità, come la sanità, l'istruzione, la gestione dei rifiuti ed anche la produzione di energia: le nuove tecnologie e le opportunità offerte dalla produzione di energie rinnovabili forniscono alle amministrazioni pubbliche invitanti opportunità per una produzione ecosostenibile di energia, con vantaggiosi e cospicui ritorni (anche economici) nel medio-lungo termine, sia per le amministrazioni che per i cittadini.

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